viernes, 23 de marzo de 2012

Altissima povertà, nuevo libro de Giorgio Agamben

Altissima povertà. Regole monastiche e forme di vita
Che cos'è una regola, se essa sembra confondersi senza residui con la vita? E che cos'è una vita umana, se in ogni suo gesto, in ogni sua parola, in ogni suo silenzio non può più essere distinta dalla regola? È a queste domande che il nuovo libro di Agamben cerca di dare una risposta attraverso un'appassionata rilettura di quel fenomeno affascinante e sterminato che è il monachesimo occidentale da Pacomio a San Francesco. Se il libro ricostruisce nei particolari la vita dei monaci nella loro ossessiva attenzione alla scansione temporale e alla regola, alle tecniche ascetiche e alla liturgia, la tesi di Agamben è, però, che la vera novità del monachesimo non sta nella confusione fra la vita e la norma, ma nella scoperta di una nuova dimensione, in cui forse per la prima volta la "vita" come tale si afferma nella sua autonomia e la rivendicazione dell'"altissima povertà" e dell'"uso" lancia al diritto una sfida con cui il nostro tempo deve ancora fare i conti. "Come pensare una forma-di-vita, cioè una vita umana del tutto sottratta alla presa del diritto e un uso dei corpi e del mondo che non si sostanzi mai in un'appropriazione? Come pensare la vita come ciò di cui non si dà mai proprietà, ma soltanto un uso comune?"

1 comentario:

  1. ¿Qué es una regla, si ella parece confundirse con la vida? ¿Y qué
    es una vida humana, si en cada uno de sus gestos, de sus palabras
    y de sus silencios ya no puede ser distinta de la regla? El nuevo
    libro de Giorgio Agamben busca dar respuesta a estas preguntas a
    través de una apasionada relectura de aquel fenómeno fascinante y
    ya extinto que ha sido el monaquismo occidental, desde Pacomio
    hasta San Francisco. El libro reconstruye en particular la vida de
    los monjes en su obsesiva atención a la escansión temporal y la
    regla, a las técnicas ascéticas y la liturgia. La tesis de Agamben, sin
    embargo, es que la verdadera novedad del monaquismo no está en
    la confusión entre la vida y la norma, sino en el descubrimiento de
    una nueva dimensión, en la cual quizá por primera vez la “vida”
    como tal se afirma en su autonomía; y donde la reivindicación de
    la “altísima pobreza” y del “uso” lanza un desafío al derecho, con
    el cual nuestro tiempo debe todavía hacer cuentas. “¿Cómo pensar
    una forma-de-vida, una vida humana sustraída por completo a la
    captura del derecho, y un uso del cuerpo y del mundo que no se
    resuma en una apropiación? ¿Cómo pensar la vida como aquello
    de lo cual no se da nunca propiedad, sino solamente uso común?”

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